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Gli Interventi

Chirurgia vascolare a La Spezia e provincia

L'arteriopatia ostruttiva cronica degli arti inferiori


Che cos'è

L'arteriopatia ostruttiva cronica degli arti inferiori (AOCP) rappresenta una malattia che colpisce le arterie degli arti inferiori ed è caratterizzata da una riduzione progressiva del flusso sanguigno. Tale riduzione di flusso è causata dalla placca arteriosclerotica che, sviluppandosi nelle pareti delle arterie, determina una riduzione del calibro interno dei vasi parziale, denominata stenosi, o totale, denominata ostruzione.

Quali sono le cause?

Quali sono i disturbi?

Le varici degli arti inferiori

Cosa sono?
Sono delle dilatazioni delle vene superficiali e sono espressione di una difficoltà da parte del sangue venoso a scorrere nella giusta direzione, ovvero dai piedi verso il cuore, determinando un ristagno di sangue a livello delle gambe. La causa più frequente di tale condizione è una alterazione strutturale delle valvole delle due principali vene superficiali delle gambe: la vena grande safena e la vena piccola safena.

Che disturbi danno?

Spesso le varici non danno nessun sintomo rilevante e rappresentano un problema esclusivamente estetico. I sintomi, se presenti, sono caratterizzati da sensazione di pesantezza, tensione, prurito e bruciore, soprattutto a fine giornata, a cui si possono associare, durante la notte, crampi notturni e sensazione di irrequietezza alle gambe. Tuttavia, se le varici non sono correttamente trattate, i sintomi possono essere più seri perché possono essere correlati alla presenza di una complicanza.

Come si manifestano?

Le varici, solitamente, si sviluppano lentamente nel tempo e si manifestano come delle escrescenze allungate e tortuose, ben palpabili, di colorito bluastro, a livello del sottocute delle gambe.
A questi segni si può associare l’edema, ovvero il gonfiore, della gamba solitamente localizzato a livello delle caviglie. Nei casi più avanzati, si posso avere delle alterazioni del colorito della pelle, soprattutto nella parte inferiore della gamba, che rappresentano dei segni di fragilità cutanea: in corrispondenza di tali zone è possibile la formazione di un’ulcera che rappresenta la complicanza più importante della malattia varicosa.

Chi colpiscono e perché?

Le varici sono una malattia frequente che colpisce il 10-30% circa della popolazione adulta, con una lieve prevalenza per il sesso femminile. La maggior parte delle varici sono dette “primitive” perché non se conoscono le cause ma una componente genetica riveste certamente un ruolo importante nel loro sviluppo. L’incidenza aumenta con l’età, anche se non sono infrequenti le varici nel giovane, e la presenza di sovrappeso, la sedentarietà e il prolungato stare in piedi o seduti sono importanti fattori favorenti l’insorgenza della malattia.

Complicanze

Come già accennato, la complicanza più temibile delle varici è l’ulcera cutanea che, una volta formatasi, comporta tempi di guarigione lunghi ed un alta incidenza di recidive. Un’altra complicanza di rilievo è la tromboflebite: si tratta di una occlusione acuta di una o più vene varicose e tale occlusione è causata dalla formazione di un trombo che può propagarsi nelle altre vene superficiali e profonde. Infine la comparsa di una emorragia, dovuta ad una rottura di una vena varicosa, è un’altra possibile complicanza della malattia: il quadro clinico spaventa molto spesso il paziente e i familiari ma si tratta in realtà di una complicanza benigna e facilmente controllabile posizionando la gamba in scarico e comprimendo il punto di sanguinamento .

Come si curano?

Le varici possono essere controllate in maniera soddisfacente ma una cura definitiva non esiste perché si tratta di una patologia cronica e progressiva a componente genetica. Il controllo della malattia può essere realizzato attraverso una terapia medica o chirurgica. La terapia medica consiste fondamentalmente nell’indossare una calza elastica durante le ore diurne, il cui grado di compressione è in rapporto alla gravità della malattia. Oltre la calza elastica, è importante attenersi ad uno stile di vita adeguato, cercando di ridurre il peso corporeo, in caso di sovrappeso od obesità, di evitare una vita sedentaria e di svolgere attività sportive benefiche per le vene come per 
due mani che tengono una gamba di un uomo sdraiato
 esempio il nuoto. La terapia chirurgica è indicata, in alternativa all’elastocompressione, quando ci sono motivazioni di natura estetica, quando sono presenti segni di malattia avanzata o quando il paziente è intollerante alla calza elastica. Negli ultimi anni le tecniche chirurgiche sono profondamente cambiate e le metodiche mini-invasivi sono sempre più frequentemente utilizzate rispetto alla chirurgia classica di stripping safenico.

Terapia chirurgica

Stripping safenico
Si tratta della tecnica chirurgica ritenuta, fino a qualche anno fa, la più efficace per il trattamento delle varici degli arti inferiori. Tale tecnica prevede lo “stripping” e cioè la rimozione di una porzione più o meno lunga di safena mediante una sonda chiamata appunto “stripper”; nella stessa seduta, vengono poi eseguite le flebectomie, ovvero l’asportazione delle vene varicose attraverso l’utilizzo di particolari uncini. Questo tipo di intervento necessita, di solito, di un’anestesia spinale, di una incisione chirurgica alla radice della coscia o al cavo popliteo ( a seconda che si tratti di v. grande safena o v. piccola safena) e di microincisioni a livello di coscia o gamba in corrispondenza delle varici da asportare. Tale tecnica chirurgica è ben consolidata ed efficace ma comporta inevitabilmente una demolizione del patrimonio venoso molto spesso non necessaria. Pertanto, dove è possibile, si preferisce l’utilizzo di tecniche mini-invasive (radiofrequenza, laser, scleroterapia) che, a parità di risultati, intervengono sul sistema safenico in maniera molto più mirata e conservativa.

Ablazione safenica: 

radiofrequenza e Laser L’ablazione safenica comporta l’occlusione del solo tratto di safena incontinente mediante la radiofrequenza o il laser. Entrambe le metodiche, utilizzando la stessa forma di energia, lesionano le pareti della safena determinandone la sua completa chiusura. La tecnica chirurgica, eseguita sempre in anestesia locale e sotto guida ecografica, è identica per entrambe le metodiche: attraverso un piccolo foro sulla pelle viene inserito nella safena il catetere da radiofrequenza o laser e, una volta correttamente posizionato, si “cuoce” il tratto di safena malato. Per quanto riguarda le varici, queste possono essere trattate durante la stessa seduta, oppure, in un secondo momento. Infatti l’occlusione della safena malata determina in molti casi la riduzione e a volte la scomparsa delle varici senza alcun trattamento aggiuntivo. Nel caso in cui si decida, invece, di trattarle, possono essere asportate, nella stessa seduta o in un secondo momento, mediante flebectomia chirurgica oppure “seccate” con la scleroterapia.

Scleroterapia

L’occlusione della safena può essere ottenuta anche mediante la scleroterapia. La tecnica consiste nella iniezione di una miscela di liquido sclerosante e aria (schiuma sclerosante) all’interno del vaso causandone l’occlusione.  Anche in questo caso si stratta di un intervento chirurgico eseguito in anestesia locale e sotto guida ecografica. Tale metodica è estremamente efficace anche nel trattare le vene recidive dopo trattamento chirurgico o ablativo e nel caso siano presenti reflussi patologici particolari: incontinenza di una safena accessoria o di una vena perforante.

Raccomandazioni dopo l'intervento chirurgico

Calza elastica o bendaggio
- A fine intervento, nel caso di trattamento mini-invasivo (laser, radiofrequenza, scleroterapia) viene indossata una calza elastica di II classe che deve mantenere giorno e notte per 48 ore e successivamente solo di giorno;
- Nel caso di intervento classico di stripping, viene confezionato un bendaggio compressivo da mantenere giorno e notte fino al primo controllo ambulatoriale. 

 Durata del ricovero

- Nel post operatorio dovrà osservare un breve periodo di riposo a letto se è stata eseguita un’anestesia spinale. Dopo qualche ora, quando l’arto avrà ripreso a muoversi, potrà alzarsi e iniziare la deambulazione;
- Nel caso in cui, invece, è stata eseguita un’anestesia locale, è importante una mobilizzazione precoce subito dopo l’intervento. Il personale sanitario, dopo aver valutato le sue condizioni generali e la gamba operata, provvederà alla sua dimissione. 

 Cosa è possibile fare e non fare dopo l’intervento? 

- Il giorno dell’intervento il paziente non può guidare e deve essere accompagnato, può camminare ma non fare lunghe passeggiate e deve evitare gli sforzi eccessivi, come sollevare pesi; 
- I giorni successivi il paziente può fare brevi passeggiate più volte al giorno, evitando sempre sforzi eccessivi, e può guidare. - Può essere utile dormire con il fondo del letto alzato di 10-15 cm e posizionare l’arto in scarico più volte durante il giorno, facendo attenzione a che tutta la gamba, dal piede al ginocchio, sia appoggiata su un cuscino, mantenendo il ginocchio leggermente flesso; 
- È importante non bagnare le ferite chirurgiche, se presenti, fino al primo controllo ambulatoriale. 

 Quando allarmarsi? 

- Nei giorni successivi l’intervento è frequente che la calza elastica o il bendaggio si sporchino di piccole macchie di sangue: è un evento frequente che non deve destare preoccupazione; 
- La presenza invece di gonfiore, secrezioni e arrossamento a livello di una ferita chirurgica o l’insorgenza improvvisa di dolore e gonfiore a tutto l’arto inferiore sono eventi da non sottovalutare e il paziente deve comunicarli subito al medico reperibile, chiamando i numeri riportati sulla dimissione. 

Controllo post-operatorio 

 Il primo controllo ambulatoriale è solitamente programmato dopo una settimana: in tale occasione vengono controllate le ferite chirurgiche ed eventualmente rimossi i punti di sutura. Se era stato confezionato un bendaggio dopo l’intervento, viene rimosso e indossata la calza elastica prescritta al momento della dimissione. Si consiglia di proseguire con l’elastocompressione per almeno un'altra settimana e, se possibile, fino a che non si siano riassorbiti eventuali ematomi presenti. Successivamente è consigliabile indossare una calza preventiva di 18 mmHg di compressione, specialmente in caso di attività lavorative che comportano lunghi periodi in piedi o in posizione seduta. 

Controlli nel tempo

Come già ricordato le varici sono una malattia cronica ed evolutiva a componente genetica. Il trattamento chirurgico, quindi, qualunque esso sia, è solo finalizzato al controllo della malattia e non alla sua cura definitiva. Le recidive sono frequenti e possono presentarsi fino al 20% dei casi. Dai dati presenti in letteratura medica, tuttavia, sembra che i trattamenti mini-invasivi abbiano un tasso di recidive inferiore alla chirurgia classica con “stripping”. Pertanto è importante sottoporsi nel tempo a periodici controlli consigliati al momento della dimissione, sia per verificare la riuscita dell’intervento che per pianificare eventuali ulteriori trattamenti chirurgici.
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